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venerdì, agosto 15, 2008

La crisi dello Zimbabwe. Le responsabilità della comunità internazionale?

Dopo la 6° rielezione di Robert Mugabe, la Comunità africana si fa sentire e
tenta di trovare una soluzione alla crisi politica che attraversa lo Zimbabwe.
Si è affrontato la questione in occasione dell’11° vertice dell’Unione
africana che s’ è svolto in Egitto, in presenza del presidente dello Zimbabwe.
Mugabe che dirige il paese da l’ indipendenza nel 1980, è arrivata a Charm el
Cheikh lunedì 30 giugno per il vertice di l’ Unione africana, dopo essere
stato investito domenica per un nuovo mandato di cinque anni. Ha fatto la sua
entrata nel palazzo dei congressi con i suoi omologhi: l’egiziano Hosnī
Mubārak, l’ugandese Yoweri Kaguta Museveni e il tanzaniano Jakaya Mrisho
Kikwete attuale presidente dell’ Unione Africana. Per dieci anni, portato da
un'economia efficiente, lo Zimbabwe è stato il fiore all'occhiello degli
occidentali. La speranza di vita passò da 56 a 64 anni ed il paese vantava i
più bassi tassi di analfabetismo e di mortalità infantile in Africa. Cosi, il
mondo scelse di chiudere gli occhi sul massacro di migliaia di " dissidenti
nella provincia del Matabeleland tra il 1982 ed il 1985. Con il referendum
costituzionale del febbraio 2000, tutto vacilla . La violenza scatenata contro
gli agricoltori bianchi,la pressione dei veterani della guerra d' indipendenza
che si ritenevano dimenticati isola Mugabe dai suoi alleati occidentali. gli
scioperi si succedono. Politicamente gli oppositori provano con tutti i mezzi
di impedire a Mugabe di candidarsi nel 2008.
Sul piano economico è la catastrofe. sul piano sociale Secondo gli osservatori
della Comunità di sviluppo dell’ Africa australe (SADC) e quelli del
Parlamento panafricano, lo scrutinio, stravolto dalle violenze, non riflette
la volontà degli elettori. Harare, la capitale dello Zimbabwe, ha consegnato
con il contagocce gli accreditamenti alla stampa straniera e rifiutato la
presenza di osservatori europei ed americani, invitando però la SADC, l’Unione
africana (UA) e paesi amici come la Cina o il Venezuela. Mentre i risultati
del primo giro delle elezioni del 29 marzo scorso hanno dato la maggioranza
delle voci (47,9%) alla MDC il partito di opposizione di Morgan Tsvangiraï,
contro il 43,2% al Zanu-PF partito storico da Robert Mugabe; “il vecchio
leone„ come alcuni lo chiamano ancora affettuosamente, rifiuta di riconoscere
la sua sconfitta. Peggio: intimidazioni, molestie, violenze e omicidi contro
oppositori o simpatizzanti del MDC, o semplici abitanti delle regioni dove la
MDC ha vinto , si sono moltiplicati. Queste violenze, commesse da milizie
armate non sarebbero possibili senza la complicità passiva, ed a volte attiva,
della comunità internazionale che chiude gli occhi. L' intellettuale dello
Zimbabwe Robert Mugabe, che aveva incantato le capitali occidentali dopo avere
fatto cadere il regime segregazionista di Ian Smith nel 1980, sostiene che la
Grand Bretagna è a l' origine dei mali del suo paese. Il vecchio eroe
indipendentista usufruisce ancora di una notorietà relativa sul continente
Africano. Il presidente Sud-Africano, Thabo Mbeki, ad esempio, non lo ha mai
contraddetto. In Nigeria, durante “la conferenza dedicata ai poteri locali
nel' Africa riunita”, per spiegare la moderazione della posizione della
Comunità africana Demba Sow, il sindaco di Kayedi in Mauritania ha dichiarato
al giornale svizzero “il tempo” che : “Non occorre dimenticare che Mugabe ha
combattuto la segregazione e il potere bianco in Africa australe cosa che la
Grand Bretagna ed altri europei gli hanno mai perdonato, è stato su insistenza
della Gran Bretagna che lo Zimbabwe è stato cacciato del Commonwealth”. Il
sindaco di Bamako capitale del Mali precisa: “Occorre tentare di comprendere
perché Mugabe disturba. Ricordare l'arrivo della Cina sul continente, il fatto
che si installi in paesi come lo Zimbabwe, il Sudan. È forse per ciò che si
vuole che Mugabe se ne vada, perché attraverso lui è la Cina che si tenterà di
fare arretrare. L'Africa ritorna in prima linea della lotta tra le potenze, ed
è ciò che spiega le passioni riguardo lo Zimbabwe e sul suo presidente.
Khalifa Assane Babacar Mboup storico e sindaco di Kebemer (Senegal) ha parlato
delle manipolazioni dell'informazione ad opera della stampa occidentale che
falsa la reale comprensione della crisi ed ha aggiunto: “ l'Africa non è
quella che viene dipinta,aggrappandosi così al potere, egli (il Mugabe)
danneggia e deforma l'immagine del continente. Ma, continua, siamo (noi
Africani) responsabili anche di questa distorsione, poiché, non siamo
produttori d'informazione, siamo sommersi da linee editoriali decise altrove"
Oggi, Robert Mugabe è il presidente dello Zimbabwe che i paesi occidentali non
vogliono ascoltare, mentre una grande parte degli Africani lo celebrano come
l'eroe della guerra indipendenza della Rhodésia del Sud. Alcuni Stati
considerano la crisi nello Zimbabwe come una situazione interna e non vedono
il motivo di un intervento del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unites. Il
Burkina-Faso non è dello stesso parere e ritiene che dal momento che una
situazione porta gravi danni alla sicurezza ed calpesta i diritti umani
permettendo che le violenze sistematiche si propagino al di là delle frontiere
di un paese, è il dovere della Comunità internazionale attraverso il Consiglio
di sicurezza delle NU di intervenire tempestivamente.
Marie Reine Toe
http://www.burkinetfaso.org