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sabato, settembre 10, 2005

Emigrare per studiare.

Quando ero piccola, pensando all’università; immaginavo un edificio molto simile a quello che ospita la facoltà di scienze politiche sita in via Balbi.
Ho sempre pensato che il fatto stesso di voler studiare all’estero fosse segno di un’apertura mentale, ed esprimesse una forte volontà d’integrazione nella la cultura del paese ospitante: non la pensano tutti cosi. Recentemente mi sono trovata di fronte ad un sedicente rappresentante degli studenti camerunesi a Genova. Tale individuo,( a mio parere accecato dalla presunzione che possono avere solo gli ignoranti), mi sconsigliava di partecipare all’iniziativa di un giornale come Work-Out http://www.work-out.org
A suo parere, scrivere non serve a nulla, e non avrebbe di certo cambiato la condizione degli studenti camerunesi in Italia. Inoltre, era impensabile partecipare alle iniziative, sia politiche che culturali, degli studenti italiani: “Noi, non siamo qui per questo”.
A mio parere, è proprio questo atteggiamento di non partecipazione che alcuni dei dirigenti africani hanno portano dall’occidente nei propri paesi, e che assicura l’immobilità del nostro continente.
È indubbio che sia molto difficile per uno studente straniero integrarsi, ma presso ogni facoltà ci sono, ormai da diversi anni, degli sportelli internazionali e d’orientamento. Vorrei ricordare a tutti gli universitari immigrati come me, che devono cercare e trovare la possibilità di esprimersi, conoscersi e crescere insieme
NO all’INTOLLERANZA e al RAZZISMO, da qualsiasi parte essi provengano.

Marie Reine Toe.

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